domingo, 17 de abril de 2016

2008 - 35° UMBRIA JAZZ 08














12 luglio 
PERUGIA 
Arena Santa Giuliana






Foto: Roberto Ugolini




 

Veloso e Bollani: brividi carioca

Tre concerti in uno sul palco dell'Arena Santa Giuliana a Perugia per la prima esibizione insieme dei due artisti. "Stefano suona come un Dio", dice il cantautore brasiliano che sta pensando a un disco con il pianista italiano

dall'inviato Riccardo Jannello

Perugia, 14 luglio 2008 – Tre concerti in uno, che cosa si vuole di più? E che concerti... Vediamoli uno a uno perché la serata di sabato 12 luglio a Umbria Jazz, Arena Santa Giuliana, rimarrà nella storia.
Stefano Bollani sale sul palco quando le 21 sono passate da 22 minuti. Con lui alcuni brasiliani e due italiani, Guerrini & Gori, amici da sempre. Il sax tenore di Guerrini e il clarinetto di Gori non hanno nulla da invidiare alle straordinaria chitarra di Marco Pereira, al suadente contrabbasso di Jorge Helder e all'originalità di Zè Nogueira al sax sopreano, mentre da rivedere è la sezione ritmica di Jurim Moreira e Armando Marçal (Bollani ci ha detto che la prima impressione non conta, vedremo nei solismi durante la tournée).
Un'ora di choro e samba, ma con grande eleganza, senza dimenticare qualche puntata nella bossanova riarrangiata dal grande pianista milanese-fiorentino. Su tutte “Segura ele” di Pixinguinha e “Na baixa do sapateiro” di Ary Barroso, conosciuta anche con il titolo di “Bahia”. Un programma di grande livello, ma soprattutto eccelsa è l'interpretazione di Bollani: il trentaseienne genio italiano si è calato nel ruolo di “mestre da festa” con grande coinvolgimento e soprattutto dimostrando una straordinaria brillantezza e una capacità fuori dal comune di interpretare quel Brasile un po' minore, un po' strano, che viene fuori dal suo ultimo dc, “Carioca”, ottima prova di musicista e arrangiatore. “E non c'è stata la possibilità di fare altre cose che abbiamo preparato e che la nostra tournée ci permetterà. Per esempio io che canto 'Trem das onze': non volevate mica che lo facessi davanti a Caetano, siete matti?”. Bollani promette sempre divertimento e swing, un “bollanismo” che nulla ha a che fare con il “billevansismo”, più vicino a volte a Hancock che a Jarrett. Un percorso netto nelle stupende idee di questo musicista che gioca tutte le carte possibili e che si diverte sempre. Sia a emozionare con la sinuosa “Tico tico” sia a fare conoscere Moacir Santos o Ismael Silva, sambisti storici per i brasiliani, ma nomi sconosciuti da noi. Splendido quel “Samba e amor” di Chico Buarque, che è un pezzo di grande raffinatezza e di straordinaria qualità, dovuta a un autore geniale.
Caetano Veloso si presenta invece alle 22,35: maglietta verde, jeans, occhiali, un eterno ragazzo di 66 anni. Caetano è sempre lui: il più grande. Parte con la sua chitarra e la voce che dal falsetto finisce in acuti che arrivano alti, nel pentagramma e nel cuore, nei brividi che propone da 40 e più anni, da quando aveva i capelli lunghi riccioli e nerissimi, mentre ora sono bianchi, ma ancora abbondanti. Un'ora e otto minuti di emozione e lacrime, di omaggi e di divertimento, di occhi sgranati e sorriso aperto, di umori positivi e di modestia che stride così tanto con la sua straordinaria qualità, con quello che ci racconta da 40 anni. Un nume tutelare, una leggenda, un mito.
Scaletta di emozioni antiche e novità da riascoltare e che sicuramente si faranno amare. Da “Minha voz minha vida” a “Leozinho”, passando per “Desde que samba è samba”, “Vocé è linda”, “Menino do Rio”, “Cuccuruccu Paloma”, “Dindi e Eu sei que vou te amar”, “Saudade da Bahia” e “Sampa”, “Sozinho”, “Coraçao Vagabundo” e “Terra”. In mezzo qualcosa di diverso, di speciale: le due canzoni inedite, “Por quem” e “Cor Amarela”, che fanno parte del nuovo progetto trans-samba che ogni mercoledì vede Caetano testare al Vivo Rio dell'Aterro do Flamengo, appunto a Rio de Janeiro, le canzoni per un nuovo cd; una “Faixa de Cetim” di Ary Barroso talmente suggestiva da sorprendere lui stesso, e poi un omaggio a un vecchio amico scomparso, il suo primo manager, Guillerme Araujo, fatta attraverso la canzone con la quale ha conosciuto la musica europea: “La mèr”, di un altro mostro sacro della canzone d'autore non da molto scomparso, Charles Trenet. In questo brano, ma anche negli altri, Caetano ha dimostrato una volta di più come la sua ricerca della musica assoluta si sia incanalata in una suggestione nella quale voce e chitarra rincorrono ogni nota come se fosse l'ultima, la glorificano e la espandono. Sempre più Joao Gilberto quando è solo, con la consapevolezza che al novanta per cento i capolavori che Caetano interpreta sono capolavori che lui stesso ha composto. Quindi non interprete e basta, ma autore, arrangiatore, mago.
Appena posata la chitarra alla fine di “Leozinho”, Caetano introduce Stefano Bollani e qui comincia, 23,43, la terza parte della serata, la più attesa, il vero evento: il primo incontro Bollani-Veloso sul palco dopo che proprio quotidiano.net favorì il primo scambio di vedute fra i due, pubblicando l'intenzione di Caetano di conoscere il musicista italiano, considerato la persona giusta per accompagnare il poeta brasiliano nella scoperta del nostro repertorio per fare sì, finalmente, che ci possa essere un songbook italiano di Cae, dopo quelli che ha dedicato al mondo spagnolo e poi americano. E visto che nelle varie occasioni in cui Veloso canta in italiano, non ce n'è per nessuno, l'idea è tutt'altro che peregrina. Intanto perché Caetano la dice chiara: “Stefano Bollani suona come un Dio, è incredibile. Avete ascoltato come ha interpretato Ary Barroso... Il suo modo di suonare il pianoforte è meraviglioso, anzi, una meravigliosa allegria”.
Sull'Arena perugina aleggia la curiosità della scoperta: l'importante è cominciare bene. Ed ecco Bollani che parte e Caetano, acrobata sulla sedia, che lo accompagna con la voce. La canzone scelta per dare il via è “Meu bem meu mal” che ammalia e stravolge le coscienze, apre alla gioia, al piacere, alla delizia dell'ascolto. I due musicisti se ne rendono conto e abbattono qualsiasi barriera, si divertono prima di tutto e prendono il pubblico in mano, lo addolciscono e vanno dritti al cuore: è ovazione. Si teme sia una canzone e via, e invece no. Caetano imbraccia la sua chitarra e partono gli accordi di “Come prima”, l'omaggio all'Italia: delicata, sontuosa, senza fronzoli, ma pienamente riuscita, un fiume in piena di lacrime nel cuore.
Entra anche la band che ha accompagnato Stefano e allora ecco brani corali, pennellate di Brasile, e soprattutto di Caetano, che si diverte con i suoi connazionali, ci prende gusto e scopre un feeling particolare con Guerrini & Gori. C'è “Trilhos urbanos”, c'è “A hora da razao”, c'è la calda “De noite na cama” che riporta alla voce intrigante di Marisa Monte, c'è una “Dom de iludir” velosiana al cento per cento, c'è, infine, “A voz do morro”, la chiusura in samba, il balletto che Caetano regala sesmpre alla chiusura dei suoi show: se non fosse così non baiano. C'è il trionfo a mezzanotte e ventidue, si riaccendono le luci, ma quelle canzoni fatte una dopo l'altra con entusiasmo dimostrano che l'esperimento è riuscito, che Veloso e Bollani sono compatibili, anzi: che sono assolutamente capaci di interpretare con la loro sensibilità repertori diversi nel modo migliore. Nel futuro un disco, intanto un'altra serata assieme a Cagliari e poi la speranza degli appassionati: repertorio italiano o brasiliano fa lo stesso, non ci formalizziamo: basta che Caetano e Stefano possano lavorare insieme. Trent'anni di differenza possono servire a entrambi...


   

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